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Nuovo Codice della Crisi: cosa cambia per le nostre PMI
Pubblicato il 25 ottobre 2022
Gli strumenti per prevenire o comporre la crisi in modo tempestivo
- Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili
- La composizione negoziata
- Il piano attestato di risanamento
A cura di Alessandro Turchi, Acciaro & Associati – Società tra professionisti
Il 15 luglio, dopo oltre due anni di rinvii, è entrato in vigore il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs 12 gennaio 2019, n. 14).
Si tratta di una novità di centrale rilevanza per il nostro ordinamento che recepisce i principi contenuti nella Direttiva Insolvency , la quale evidenzia la necessità di “permettere ai debitori di ristrutturarsi efficacemente in una fase precoce e prevenire l’insolvenza e quindi evitare la liquidazione di imprese sane”. Viene così finalmente sancito un principio fondamentale per le imprese italiane, particolarmente impattante nel segmento della piccola e media impresa: offrire una second chance agli imprenditori onesti.
Si passa così da un carattere tradizionalmente afflittivo delle sanzioni collegate alla crisi a una concezione di quest’ultima come uno degli accadimenti possibili nella vita di un’impresa. Tale principio consente di innovare profondamente la filosofia di fondo del diritto concorsuale: da una concezione di tutela esclusiva della par condicio creditorum e di massimizzazione del soddisfacimento dei creditori alla salvaguardia della continuità aziendale e quindi alla conservazione dei suoi valori.
Ma, in concreto, quali sono gli strumenti che l’imprenditore ha a disposizione per prevenire, gestire o risolvere le situazioni di crisi che, prima o poi, dovessero presentarsi? Il nuovo Codice, come detto, oltre a puntellare e potenziare gli istituti che tradizionalmente intervengono nelle fasi patologiche di una crisi d’impresa, ha codificato una serie di procedure e strumenti atti a monitorare costantemente l’andamento dell’azienda promuovendo una governance che faccia della trasparenza e della proattività i principali asset su cui impostare la crescita.
Fondamentale è il ruolo dell’advisor specializzato, ossia un professionista che abbia maturato una solida esperienza di crisis management e che dunque abbia piena conoscenza delle norme, delle prassi e, soprattutto, di forma, sostanza e metodo delle procedure implementate, tanto in via giudiziale che stragiudiziale. Insomma una materia ostica e delicata che non lascia alcuno spazio all’improvvisazione.
Di seguito una breve carrellata dei suddetti strumenti a disposizione delle nostre imprese.
Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili
Una delle novità di maggiore impatto pratico è rinvenibile nell’art. 3 del Codice della Crisi che, in combinato disposto con il secondo comma del 2086 c.c, esprime due concetti centrali nel sistema novellato:
- i) l’emersione tempestiva della crisi;
- ii) l’obbligo di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili.
Il nuovo art. 3 dispone che gli adeguati assetti di cui all’art. 2086 cod. civ. devono consentire di:
- i) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario;
- ii) verificare la sostenibilità dei debiti e la presenza di concrete prospettive di continuità aziendale almeno per i successivi dodici mesi;
- iii) rilevare e monitorare i segnali di allarme specificatamente individuati dal legislatore.
La composizione negoziata
Altra novità è rappresentata dalla sostituzione delle norme sulle misure di allerta e composizione assistita della crisi con il nuovo strumento della composizione negoziata, con il quale il legislatore intende fornire al debitore meccanismi che segnalino la necessità di attivarsi prontamente per evitare la crisi (intercettando situazioni di c.d. pre-crisi).
La composizione negoziata consiste in un percorso, condotto sotto l’egida di un esperto indipendente assimilabile alla figura del mediatore civile, finalizzato al raggiungimento di un accordo tra creditori e debitore per rimediare allo stato di squilibrio finanziario di quest’ultimo. L’intervento del Tribunale è soltanto occasionale e lo strumento presenta un discreto grado di riservatezza dato dal fatto che, salvo casi specifici, l’istanza di nomina dell’esperto non è iscritta nel registro delle imprese.
L’accesso alla composizione negoziata è volontario e stragiudiziale: il legislatore rimette infatti all’imprenditore la scelta esclusiva di iniziare il percorso. Tuttavia, il novellato art. 25 ocites del Codice pone in capo all’organo di controllo il dovere di segnalare all’imprenditore la sussistenza dei presupposti per richiedere l’accesso alla composizione negoziata.
Il piano attestato di risanamento
Per la prima volta nel corpus normativo della crisi d’impresa, il Codice contiene una compiuta regolamentazione dei piani attestati di risanamento (art. 56).
Lo strumento, sovente adottato in situazioni di crisi non ancora profonda ove i ritardi di pagamento non sono ancora tali da determinare il rischio attuale di azioni esecutive individuali idonee a compromettere il percorso di risanamento, consiste in un piano predisposto dall’imprenditore e rivolto ai creditori, che appaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria.
Il piano attestato assicura, in caso di liquidazione giudiziale, alcuni rilevanti effetti protettivi:
- i) esenzione dalle azioni revocatorie;
- ii) esenzione dai reati di bancarotta semplice e preferenziale.
Lo strumento si connota per l’assenza di un controllo giudiziale preventivo, la riservatezza e il mantenimento in capo all’imprenditore del pieno controllo della gestione.
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